Silence, una potente ed intima riflessione sulla fede religiosa diretta dal Maestro Scorsese

Martin Scorsese dà alla luce Silence, progetto al quale lavorava da 28 anni e per il quale non si sentiva mai sufficientemente pronto spiritualmente. Quel giorno è però finalmente giunto, e il Maestro regala ai suoi fan un’opera intima che riflette sul tema della fede e sulle persecuzioni religiose. Tratto dall’omonimo romanzo di Shusaku Endo, il film è un miracoloso viaggio introspettivo, una via crucis dell’animo.

Nel 1639 due gesuiti portoghesi, Padre Rodrigues (Andrew Garfield) e Padre Garrpe (Adam Driver) partono per il con l’intento di ricercare il loro mentore, padre Ferreira (Liam Neeson), e radicare nelle isole la fede cristiana. Verranno presto a conoscenza delle tremende persecuzioni che lo shogunato applicava ai danni dei convertiti al cristianesimo.

Dopo i ritmi frenetici e i temi lussuriosi e capitalistici di The Wolf of Wall Street, Scorsese realizza un’opera totalmente in contrasto con la precedente. Qui i tempi della narrazione sono dilatati, rallentati, per consentire un più intimo legame con i protagonisti, che setacciano costantemente la loro interiorità in cerca di risposte. Lavora per sottrazione Scorsese, seguendo un principio di semplicità che si rivela vincente. Non ci sono virtuosismi estremi, non ci sono abbellimenti estetici fuori luogo, e perfino il suo stile è così diverso dal solito, quasi da non sembrare suo. Questa voluta ricerca di essenzialità contribuisce a trasmettere la giusta atmosfera di cui la storia ha bisogno. Silenzio è la parola d’ordine, un silenzio fisico e metaforico che si ritrova lungo l’intero film, e che naturalmente fa più rumore di quanto si possa immaginare. Un silenzio che genera domande e non fornisce risposte. Un silenzio della fede che porta i due protagonisti a smarrirsi, a interrogarsi, a dubitare, mettendoli costantemente a confronto con la più ardua delle sfide. Certamente Silence è un film che non può essere compreso pienamente a primo impatto, ricco di sotto testi, metafore e simbolismi, ha bisogno di essere metabolizzato e di essere sottoposto a continue riflessioni, che sono inevitabili. Scorsese, qui anche nelle eccezionali vesti di sceneggiatore insieme al fidato Jay Cocks, trascina lo spettatore in un potente viaggio spirituale che non risparmia nessuno. Pone i personaggi, e gli spettatori con loro, dinanzi a scelte e meditazioni su quanto sia forte la fede, su cosa sia la fede e su quanto ognuno di noi sia pronto a spingersi oltre in nome del proprio credo religioso. E quando non otteniamo risposta, quando alle nostre preghiere risponde il silenzio, può la fede continuare a vivere in noi? E’ forse il silenzio stesso la più grande prova a cui la fede sottopone l’uomo?

Vediamo i protagonisti soggiogati da laceranti situazioni, lì seguiamo in una vera e propria via crucis, che metterà completamente in dubbio tutto ciò in cui credono. Andrew Garfield è straordinario nel incarnare un personaggio dalle forti convinzioni religiose, che vede il sacrificio altrui come prova indispensabile di fede. La profonda ricerca introspettiva che Padre Rodrigues avvia è magnificamente resa esteriore da Garfield, che dimostra di essere un grande attore in grado di calarsi completamente nei difficili panni di un uomo così complicato. Adam Driver allo stesso modo conferma il suo grande talento impersonando un uomo di fede più cedevole, ma forse anche per questo più umile, umano. Liam Neeson infine, pur comparendo molto poco, sa farsi ricordare e rendere memorabile il suo personaggio, grazie ad una serie di dialoghi illuminanti e ad un’aura che lo rende presente anche in sua assenza. Scorsese si affida poi ai suoi soliti collaboratori per ottenere il meglio per un film a cui evidentemente tiene moltissimo. La fotografia di Rodrigo Prieto ci trasporta con limpidezza in luoghi gelidi, ricchi di nebbia. I suoi giochi con i colori freddi esteriorizzano un profondo legame con la drammaticità degli eventi e con il tanto decantato silenzio. E a sostegno di questo concetto, ci accorgiamo della totale assenza di colonna sonora, che ritroviamo nel film solo in forma diegetica con canti popolari giapponesi. Quest’assenza così rumorosa, questo mancato accompagnamento sonoro di alcune sequenze fondamentali, contribuisce in modo inaspettato ad una resa potente di queste, in grado di imprimersi indelebilmente nella mente dello spettatore, colpendolo per la loro grande forza evocativa ed estetica. Grazie ai premi Oscar Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo infatti la messa in scena è sbalorditiva, semplice ma ammaliante. I villaggi e i luoghi ricostruiti per l’occasione sono in più di un occasione specchio degli eventi che vediamo accadere, e tutto ciò ci trasporta inconsciamente a sentirci estremamente partecipi. Infine la fidata Thelma Schoonmaker al montaggio rende scorrevole ed attraente un film che data la sua lunghezza e i ritmi lenti poteva facilmente annoiare, e che invece non perde quasi mai di mordente, completando così un quadro generale curato nei minimi dettagli da un maestro che sa quello che vuole.

Silence è un’opera di raro splendore, puro cinema d’autore come non se ne vede tutti i giorni. Arriva in un momento perfetto per narrare delle persecuzioni perpetrate in nome della religione. La violenza vista nel film è fin troppo simile a quella a cui assistiamo tutti i giorni, eppure allo stesso tempo ci insegna a non cedere, a tenere vivi i nostri principi fino alla fine, senza mai perdere di vista l’umiltà che fa la differenza. Costringendo lo spettatore a venire a patti con sé stesso e ad intraprendere una propria personale riflessione di tipo religioso e spirituale, Silence compie la sua missione e si afferma come un film potente e penetrante, di grandissimo valore. Un’opera che riempie gli occhi, il cuore e la mente, e di cui non saremo mai grati abbastanza al Maestro Scorsese.

Silence, diretto da Martin Scorsese con Andrew Garfield, Adam Driver e Liam Neeson, è in sala dal 12 gennaio nei cinema di Latina (Oxer), Formia (Del Mare Multisala), Terracina (Rio Multisala).