Economia & imprese
Rubrica settimanale
A cura di Ivan Simeone
i.simeone@virgilio.it

“Denatalità”: quando leggiamo questo sostantivo, la mente ci riporta a problemi e dibattiti legati al mondo dell’etica, della Fede ma spesso ci sfugge che la denatalità va a coinvolgere negativamente tutto il mondo della produzione e del sistema sociale del Paese.
Una indagine dell’Ufficio Studi CGIA di Mestre dello scorso 3 maggio, evidenzia come tra dieci anni avremo –secondo le attuali proiezioni- un decremento di circa tre milioni di persone in età lavorativa, ovvero tra i 15 e i 64 anni, pari ad una diminuzione del 7,8%. Sono dati molto “gravi” che oggi si discutono nei “salotti economici” ma ancora non vi è una reale assunzione di “responsabilità civica” generale.
Secondo l’analisi, a livello generale, si avrà un progressivo invecchiamento della popolazione con una mancanza di “ricambio generazionale”. Nei prossimi anni si registreranno molti baby boomer, ovvero i nati negli anni 60, che usciranno dal mercato del lavoro -almeno da quello ufficiale- e aumenterà il problema di reperire nuove figure professionali, in particolare figure da inserire nelle attività del commercio e dell’artigianato, già oggi in difficoltà.
Se andiamo a leggere i dati locali, vediamo come nella sola provincia di Latina, nel 2035, si conterà una popolazione tra i 15 e i 64 anni di circa 341.579 unità, con una diminuzione rispetto ad oggi di -23.924 unità, con una variazione in percentuale del -6,5%. Oggi si contano 365.503 unità.
Situazione peggiore per la provincia di Frosinone; le proiezioni ci dicono che si avrà una diminuzione di circa il -10,7% pari a -31.145 unità.
A livello regionale del Lazio, la diminuzione dei potenziali lavoratori, si aggira intorno al -7,3% pari ad una diminuzione di -267.118 unità.
Sono queste delle semplici proiezioni statistiche ma che fanno prefigurare una situazione non certamente positiva per le nostre economie locali, se non si riesce ad invertire questo processo che ci sta attanagliando ormai da diversi anni.
I settori economici maggiormente coinvolti sono le piccole attività che si vedranno costrette a diminuire i propri organici, al contrario delle grandi realtà aziendali che potranno sopperire offrendo maggiori opportunità economiche ai propri dipendenti, rendendosi più “appetibili” rispetto alle micro e piccole imprese. In tutto questo si rischi di ave un aumento dei costi sociali, dovuti all’innalzamento delle persone inattive e una difficoltà di reperire risorse sociali.
Uno scenario non positivo che ci porterà ad un cambiamento obbligato. Aumenteranno le attività legate al “sociale” e al mondo sanitario come si prevede un consolidamento degli Istituto Bancari dovuto ad una maggiore propensione al risparmio dei “giovani anziani”.
Ma cosa fare?
Il problema non lo si può ridurre solamente alla mancanza di sostegno per le giovani coppie. Certamente bisogna da subito guardare ad una politica –a tutti i livelli- che supporti la casa per le coppie, un sistema di defiscalizzazione per chi ha figli, politiche di conciliazione famiglia-lavoro, servizi dedicati ma soprattutto vi è oggi una mentalità che deve essere superata. Molti giovani guardano esclusivamente al bene personale e non ragionano più in un’ottica familiare.
Oggi vi è un modello -anche economico- che incentiva una “secolarizzazione del quotidiano”. Bisogna riproporre una nuova cultura, rapportata ai nostri giorni, dell’accoglienza alla Vita e una rinnovata cultura familiare. Bisogna riaccendere i riflettori sul “pianeta Famiglia”.
“Parlare di famiglia in Italia significa –si evidenzia sulla rivista Tempi in un articolo di qualche tempo fa- parlare di servizi che mancano e discriminazioni che resistono; ma anche di definizioni circa situazioni di vita che aspirano a uno status, anche giuridico, di famiglia.” (www.tempi.it)
Sembrano parole certamente da boomer, forse controcorrente e non “politicamente corrette” ma bisogna avere il coraggio di governare un cambiamento, di affrontare con occhi nuovi e adeguati alla nostra epoca un problema che, se non affrontato da subito, rischia di creare molti problemi.
Bisogna oggi vedere la questione certamente con sguardo laico ma avere il coraggio di andare oltre ad una mentalità. Questo partendo dai nostri Comuni, per arrivare poi al Governo centrale ma devono essere coinvolti attivamente tutte le “Agenzie educative e sociali” presenti sui territori.
Bisogna dare vita ad un nuovo “Patto Sociale” che guardi al nuovo. La sfida coinvolge tutti.