Desireè drogata, stuprata e uccisa: metà branco condannato all’ergastolo

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Dopo nove ore di camera di consiglio sono arrivate le tanto attese condanne per i componenti del branco di quattro africani, che il 19 ottobre 2018 a Roma, nel quartiere di San Lorenzo, uccisero con un mix pastiche e tranquillanti, utilizzato per stuprarla, Desireè Mariottini, ragazza di Cisterna di Latina.  Aveva solo 16 anni, era finita nel tunnel del droga, quando i balordi di approfittarono di lei.

Queste le sentenze: Mamadou Gara e Yussef Salia sono stati condannati al carcere a vita; 27 anni di reclusione inflitti ad Alinno China e 24 anni e sei mesi a Brian Minthe, il quale però torna libero per scadenza dei termini di custodia cautelare.

Un aspetto processuale, che ha mandato su tutte le furie la mamma di Desireè, Barbara Mariottini, che – come riportato dall’Ansa – , ha dichiarato dopo la lettura del dispositivo: “Mi attendevo quattro ergastoli, non sono soddisfatta di questa sentenza soprattutto perché uno degli imputati torna libero e questo non doveva succedere. Non ho avuto giustizia“.

Il verdetto emesso dai giudici della III Sezione della Corte d’ Assise accoglie infatti solo in parte le richieste dei pm Maria Monteleone e Stefano Pizza, che avevano chiesto il carcere a vita con l’isolamento diurno per tutti per tutti e quattro, mentre avevano chiesto l’assoluzione per Gara solo dalle accuse di cessione di stupefacenti e induzione alla prostituzione.

A vario titolo tutti e quattro rispondono di omicidio volontario, violenza sessuale aggravata, cessione di stupefacenti a minori.

Alla ragazza, in crisi di astinenza, i suoi aguzzini hanno dato un mix di tranquillanti e pasticche, spacciandolo per metadone. Una miscela mortale, composta da psicotropi che inibirono la capacità di reazione, consentendo ai quattro africani di abusare di Desireè. Venne ritrovata priva di vita in uno stabile fatiscente.

Agirono, come riportato nell’ordinanza del gip: “Con pervicacia, crudeltà e disinvoltura … e non avendo avuto alcuna remora”, tanto che: “Impedirono di chiamare i soccorsi per aiutare” Desireè”, fino a dire, secondo alcuni testi: “Meglio che muore lei che noi in galera”.

Desireè sotto le unghie e sugli abiti, riportava il dna degli indagati. Aveva cercato di lottare, fino a soccombere. Stremata.