Desirée era vergine, in aula parla il padre: “Non sono riuscito a salvarla”

desirée

È terminata alle 21 ieri sera l’udienza del processo per la morte di Desirée Mariottini, la ragazza di 16 anni di Cisterna trovata in un immobile abbandonato a Roma.

Lungo l’esame del medico legale Dino Tancredi, che ha effettuato l’autopsia: Desirée era vergine. Per appurarlo ha effettuato un esame particolare che ha permesso anche di rendere chiaro come le cicatrici dei rapporti sessuali che aveva avuto sarebbero recentissime. Inoltre le ferite riportate dalla ragazza sono compatibili con uno stupro e sul suo corpo sono state trovate anche “lesioni da presa”, sull’avambraccio e un’unghiata all’interno di una coscia. La ragazza avrebbe quindi opposto resistenza.

Nel momento in cui il medico legale ha mostrato le foto per spiegare meglio ai giudici quanto emerso dall’autopsia, la famiglia della vittima è stata fatta uscire dall’aula.

Elementi tutti che confermerebbero l’accusa di stupro di gruppo su una minorenne a carico degli imputati che rispondono anche di omicidio e cessione di sostanza stupefacente.

Poi ha parlato il padre della 16enne, Gianluca Zuncheddu, 38 anni, di Cisterna. Difficile soltanto provare a descrivere il suo stato d’animo mentre spiegava ai giudici che aveva tentato di salvarla, ma non ci era riuscito. Ha confermato quanto già dichiarato, vale a dire di aver raggiunto la ragazza una sera alle autolinee chiamato dalla madre che era evidentemente preoccupata per aver trovato la stagnola con la polvere bianca nel suo zaino. Di averla trovata in compagnia di alcuni ragazzi e di averla costretta a tornare a casa. Da quella sera però la giovane non aveva più potuto vederlo. Costretto a casa, ai domiciliari e con un divieto di avvicinamento alla madre, non aveva potuto fare altro. La sua frustrazione, anche quando Diserée era scomparsa, per non potersi muovere, è stata tanta.

Anche il nonno della ragazzina ha ricostruito quanto accaduto, ha spiegato la vicinanza alla figlia, ha detto di aver sempre seguito la nipote. Era stato lui ad accompagnarla alla stazione due volte: lei diceva che andava a Sezze da un’amica. Ha raccontato di nuovo, come avevano fatto la madre e le zie, la ricerca spasmodica di quando non era rientrata a casa quella notte. La differenza rispetto alle altre volte, è stata che per la prima volta non aveva più chiamato, cosa che invece faceva sempre quando faceva tardi.

L’udienza è stata rinviata al prossimo 4 marzo quando saranno sentiti gli agenti della polizia scientifica che hanno svolto le indagini e il professor Emiliano Giardina, il genetista dell’Università di Roma Tor Vergata, consulente tecnico per la genetica forense dei Tribunali di Roma e di Urbino e collaboratore della Polizia Scientifica della Direzione Centrale Anticrimine, che ha effettuato l’analisi dei dna trovati sul corpo della ragazza. Il luminare ha seguito anche il caso di Yara Gambirasio.