Gianluca Tuma sorvegliato speciale. Oggi la Divisione Anticrimine della Questura di Latina ha notificato ed eseguito il decreto di confisca e di sottoposizione alla misura preventiva della Sorveglianza Speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per anni tre, a carico del 49enne pontino coinvolto nell’inchiesta Don’t touch.
Il provvedimento è stato emesso dalla sezione penale del Tribunale di Latina, su proposta del Questore di Latina. I beni oggetto di ablazione erano già stati sequestrati preventivamente nel febbraio del 2017, allorquando vennero messi i sigilli a beni mobili, immobili, e posizioni creditizie in vari istituti di credito, e tante società.
Tuma è conosciuto alle forze di Polizia e Magistratura fin dalla sua adolescenza; il suo primo arresto risale al maggio del 1985, quando non ancora quindicenne, fu sorpreso nella flagranza del reato di furto aggravato. A seguire altri furti e reati contro il patrimonio, in compagnia di esponenti della famiglia Di Silvio. Annovera pregiudizi per estorsione, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali dolose, danneggiamento, eccetera.
Ma l’indagine più importante degli ultimi tempi che lo riguarda nasce dall’operazione Don’t touch, condotta dalla locale Squadra Mobile denominata, da cui è scaturita l’emissione a carico di Tuma di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere e intestazione fittizia di beni e poi sfociata in una condanna irrevocabile per la sola intestazione fittizia a tre anni e quattro mesi di reclusione.
Il Tribunale ha condiviso gli accertamenti patrimoniali della Divisione Anticrimine della Questura, che hanno evidenziato l’esistenza di concreti e specifici indizi dai quali “si desume – sottolinea la Questura – che l’imprenditore e la sua famiglia, anche attraverso l’intestazione di quote societarie, vivono con i proventi derivanti da attività delittuose”. L’asse immobiliare e finanziario accumulato, “è in evidente sproporzione con le disponibilità dirette e indirette dichiarate al fisco”.
Il patrimonio confiscato, accumulato, anche attraverso interposte persone, per un ammontare di circa 3 milioni di euro, si concretizza nei seguenti beni e utilità: cinque immobili, di cui un appartamento, tre locali commerciali e un laboratorio industriale, tre autocarri e un rimorchio, due autovetture, due motocicli, nonché quote societarie e rapporti bancari di 13 società il cui settore operativo spazia dall’edilizia, alla gestione di immobili, all’impiantistica edile civile fino alla produzione di alimenti. Tra i beni confiscati si segnalano le quote di partecipazione alla proprietà dell’A.S. Campoboario ed il marchio verbale e figurativo della Società Sportiva Calcio U.S. Latina.