Mamme sull’orlo di una crisi di nervi

La crisi di nervi è arrivata e anche la seconda e la terza. Lo sanno bene le mamme che si sono ritrovate in questa emergenza coronavirus a riprendere il posto delle nostre nonne (forse), che non lavoravano e stavano in casa ad accudire i bambini e a pulire stanze e panni, senza sosta, un giorno uguale all’altro.

Le nostre nonne però, possiamo dirlo senza sentirci troppo in colpa, avevano una rete di persone intorno che guardavano i pargoli, magari mentre andavano al lavatoio o a raccogliere verdura o comunque si incontravano con i piccoli con le altre madri nei luoghi comuni molto più numerosi rispetto ad oggi, che sono comunque vietati a causa del Covid-19.

Ora invece le madri (e anche i padri) si ritrovano in casa 24 ore su 24 con il compito, se il resto non bastasse, di seguirne la didattica. Didattica a distanza, ma lo sappiamo bene, affidata ai genitori, specialmente per i più piccoli, ma non solo. E se gli alunni, in ambiente diverso e con genitori a fare da insegnanti, sono stati velocissimi ad imparare i passaggi sul computer per aprire le piattaforme, salvare i file e inviarli e utilizzare il pc, hanno cominciato quasi da subito a esprimere insofferenza e cali di attenzione.

Perché se sto a casa devo fare i compiti? Perché mio fratello ha già finito e io ne ho tantissimi? Una serie di scuse li fa alzare continuamente mentre la povera madre, o il povero padre di turno, deve occuparsi anche del pranzo e della cena, di cambiare il neonato e di seguirlo, e di fare tutta quella serie di cose che chi non si occupa della casa non immagina neanche. Il tutto senza avere un minimo metodo di insegnamento, perché quel mestiere non lo si è scelto. E non è certo il più semplice.

Non sanno questi genitori se stanno facendo bene o male, se devono insistere, se invece come si diceva all’inizio non ci si deve preoccupare dei programmi, perché ora i bambini stanno imparando molto altro, stanno vivendo un’esperienza che farà loro riscoprire la pazienza, la convivenza con gli affetti più stretti, l’amore che si esprime con la distanza. Tutte belle parole, magari anche con un fondo di verità, ma senza la scuola sicuramente avranno lacune forse incolmabili, lacune che saranno anche diverse tra bambino e bambino. Per capacità dei genitori di seguirli, per strumenti che si trovano in casa, per carattere.

Per non parlare di chi ha continuato a lavorare in smart working e sta cercando di sopperire anche a tutto il resto. E la situazione si prolungherà se come abbiamo sentito per elementari e medie la riapertura potrebbe slittare anche oltre settembre. Come faranno le persone a tornare al lavoro se le scuole sono chiuse? Questa è la domanda che sento più spesso in questi giorni. Io dico anche come faranno a breve senza la riapertura dei centri estivi. Come sarà possibile – senza la possibilità di rivolgersi ai nonni – lavorare?

Per avere il bonus baby sitter ci vuole un esperto informatico per quanto la procedura è complicata, ma la cosa più difficile è trovare in breve tempo una persona disponibile, fidata, preparata, che non porti solo i bimbi al parco, ma si trasformi in un’educatrice. La chiusura totale è stata dura, ma ricominciare a lavorare per qualcuno sarà un vero incubo e forse molti saranno costretti a rinunciare. E in 30 minuti di conferenza stampa Conte a tutto questo non ha fatto un accenno. Non alla scuola, non alla situazione delle famiglie che, davvero, non sanno più cosa inventare.