Politica e clan, Riccardo sui manifesti: “Non mi coprite la Cetrone”

Nella foto in grande Armando Di Silvio, detto Lallà, al momento del suo arresto (per Alba Pontina) e nei riquadri in basso da sinistra: Gian Luca Di Silvio, Agostino Riccardo e Samuele Di Silvio

Gli esponenti del clan Di Silvio usati anche per interferire sulla campagna elettorale del 2016 a Terracina. Sui manifesti elettorali gli inquirenti hanno trovato riscontri alle parole del collaboratore di giustizia Agostino Riccardo.

Il gip Antonella Minunni è convinta – in seguito alle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Roma coordinate dal procuratore Michele Prestipino – che la Cetrone e l’ex marito avrebbero stretto un patto politico per cui ad occuparsi dei manifesti sarebbero stati i Di Silvio e che il referente era Agostino Riccardo. Per il servizio avrebbero pagato 25mila euro al clan.

In città si sapeva – come dicono alcuni testimoni – che ad occuparsi della cosa per la Cetrone fossero loro e gli stessi lo avrebbero ribadito con arroganza a chi si occupava dei manifesti degli altri candidati. A questi avrebbero risposto con “arroganza e prepotenza che loro erano gli zingari e che per questo dovevamo lasciarli stare”. Riccardo ribadì davanti a tutti che comandavano loro. Lo stesso disse: “Fateve il lavoro vostro e noi ci famo il nostro, non mi coprite Gina Cetrone sennò succede un casino”.

Secondo il giudice sussiste il pericolo di fuga e in particolare di reiterazione del reato, questi i motivi alla base della misura cautelare in carcere per fatti che sarebbero stati commessi ormai 4 anni fa: “Trattasi – dice il gip – di soggetti con potenzialità criminali davvero eccezionali e con elevate professionalità nell’agire”.

“Elevato – aggiunge il giudice – il coefficiente di pericolosità criminale degli indagati, non certo occasionalmente dediti alla commissione di reati ma, al contrario, stabilmente inseriti all’interno di variegati circuiti delinquenziali”.