Scuola a giorni alterni, basterà solo spiegarlo alle aziende

Scuola a giorni alterni o turni mattina e pomeriggio. Metà classe in aula fino a mercoledì, poi il cambio con i ragazzi a casa che seguono online visto che, a dire del ministro Azzolina, la didattica a distanza sta funzionando benissimo.

Di qualche giorno le proposte per ripartire con le lezioni non ora, ovviamente, a maggio, o giugno, scartata anche la proposta di prolungarle durante l’estate per far recuperare agli alunni il tempo perso.

Così tra i genitori si scatena il panico. E’ necessario che i bambini e i ragazzi tornino a scuola in completa sicurezza, altrimenti saremmo i primi a non mandarli, ma abbiamo chiara la consapevolezza che qualsiasi alternativa ricadrà sulle nostre spalle. Così la gestione e l’organizzazione di quello che comporta.

L’astio e la bile sale. La didattica a distanza funziona? Ne vogliamo parlare seriamente? I genitori si sono accollati le lezioni di informatica per permettere ai bambini un po’ più grandi di gestire la piattaforma, salvare e inviare i compiti, e all’inizio salvare i file e inviare e-mail. Poi hanno continuato a fare queste operazioni per i più piccoli, che magari dopo appena 3 o 4 mesi in prima elementare, quando appena avevano imparato magari a stare fermi e attenti si sono dovuti abituare ad una didattica completamente diversa.

Leggi e comprendi i compiti da fare, segnali per non dimenticare le scadenze, falli svolgere al bambino (non mi soffermerei su capricci, scuse per non farli, corse intorno alla scrivania e varie ed eventuali, quali merende, improvvisi stimoli e chi più ne ha più ne metta). Non ci sono i compagni che stanno seduti accanto a loro, né una persona diversa dal genitore ad imporre un minimo di autorità, né una sana competizione magari soltanto a finire prima.

Non c’è nessun metodo da seguire per una madre o un padre che svolgono un lavoro completamente diverso. Poi non è ancora finita, quando finalmente i figli sono a letto, dopo aver svolto tutte le incombenze domestiche, fotografa i compiti svolti sul quaderno, riaccendi il pc e invia nelle chat delle maestre. Chi lo sta facendo sa bene di cosa parlo.

Maestre che in alcuni casi sono state bravissime, hanno imparato immediatamente ad usare una piattaforma che era sperimentale e non hanno lasciato soli i bambini neanche un giorno. A loro va davvero tutta la stima e l’affetto di un genitore che sa da sempre che difficile e meravigliosa funzione svolgano. Gli insegnati che non si sono impegnati poi tanto non possiamo che pensare che lo facessero anche a scuola.

Il genitore di turno, molto spesso la mamma, ha fatto il sacrificio, volentieri come sempre, perché il bambino non restasse indietro, perché non si sentisse solo o senza stimoli, anche per non concentrare l’attenzione su un virus per loro ancora più spaventoso, che li aveva costretti a casa facendoli rinunciare alla vita sociale. Sperando che prima o poi il carico di lavoro pre-coronavirus tornasse finalmente a lasciarci almeno il tempo di respirare o poter guardare qualche volta fuori dalla finestra.

C’è chi ha sostenuto tutto questo continuando a lavorare in smart-working. Altri che dovranno farlo anche ora che, con la Fase 2, sono tornati al lavoro. Come qualcuno dovrebbe spiegarmelo, il dono dell’ubiquità manca a questi genitori ai quali però viene richiesto, e che in Italia sono completamente abbandonati. Lo erano già prima, se si pensa soltanto alla difficoltà di trovare un nido comunale o di pagare la retta mensile di uno privato. Ora sulle loro spalle c’è anche la didattica online, che funziona benissimo. Sul serio? Davvero si può pensare che questo sistema possa essere la soluzione anche per il prossimo anno, dopo che i ragazzi ne hanno già saltato praticamente uno?

L’attenzione è bassa, le lezioni online sono minime. In prima elementare sono iniziate in alcune classi ora, in altre non le hanno ancora mai fatte. In quinta elementare fanno un’ora al giorno. Alle scuole superiori sono più costanti, con 3 o 4 ore al giorno. Tutto questo tempo davanti al computer però stanca molto gli occhi e i nostri ragazzi. Le valutazioni sono diverse rispetto a un compito svolto in classe. Alcuni problemi li dà anche la piattaforma che dopo la terza volta che si prova un esercizio lo dà corretto. Insomma la didattica online è stata un piccolo miracolo, un esperimento che ha permesso a tantissimi studenti di non passare le giornate a tergiversare senza fare nulla. Non può essere però la soluzione nel lungo periodo.

I ragazzi devono tornare a scuola e devono farlo in sicurezza. E allora invece di parlare di turni – perché non si può non considerare il fatto che i genitori devono lavorare e che le aziende non accetteranno personale a giorni alterni – si pensi invece a soluzioni alternative. Benissimo, almeno fino ad ottobre, sfruttare gli spazi esterni, e poi le palestre, i teatri, le associazioni per permettere alle classi anche di dividersi per rispettare le distanze di sicurezza, ma di tornare ogni giorno a scuola.

Non cerchiamo la soluzione più economica, che pesi soltanto sulle famiglie – con conseguenze sociali altissime – perché i genitori sono allo stremo e da qui in avanti non potranno più sostenere tutto questo con le fabbriche egli uffici di nuovo aperti. Si pensi in questi mesi a regolarizzare i precari e ad assumere ancora per poter essere pronti a settembre ad accogliere tutti gli studenti, tutti i giorni.

Si pensi in questi mesi ad aprire i cantieri nelle scuole per lavori ordinari e straordinari che permettano finalmente di entrare in aula in sicurezza, quella che doveva essere garantita anche prima del Covid-19. In tanti hanno detto che questo periodo può essere un’opportunità, perché lo sia davvero però bisogna investire e non aspettare che arrivi settembre per ritrovarci con gli stessi problemi di oggi.