Non soltanto le impronte e le tracce biologiche trovate sulla scena del crimine e nell’abitazione dell’unica indiziata, ma anche una ferita alla mano di Sabrina Dal Col che potrebbe diventare un elemento chiave per stabilire la sua presenza nell’appartamento di via Muzio Scevola, a Latina, dove venerdì scorso è stato rinvenuto il corpo senza vita di Antonietta Rocco, 63 anni, uccisa con un profondo taglio alla gola.
La Procura sta valutando di disporre una perizia medico-legale, con l’obiettivo di verificare se il taglio riportato dalla Dal Col sia compatibile con l’uso di un coltello durante l’aggressione. La donna, ex badante della vittima e ora in carcere come principale indiziata, ha dichiarato di essersi ferita accidentalmente mentre lavorava. Gli investigatori, invece, sospettano che la lesione possa essere stata provocata dall’arma del delitto durante l’attacco, magari mentre la vittima cercava di difendersi.
Gli esperti della polizia scientifica, intervenuti già la mattina della scoperta del cadavere, hanno effettuato rilievi accurati nell’appartamento e successivamente anche nell’abitazione dell’indagata. Secondo le prime ricostruzioni, le tracce di sangue rinvenute tra la camera da letto e l’ingresso potrebbero raccontare i movimenti dell’assassino subito dopo l’omicidio. Se la ferita alla mano della Dal Col dovesse risultare compatibile, all’interno della casa potrebbero emergere anche segni biologici riconducibili all’indagata.
Antonietta Rocco, quasi cieca, non avrebbe avuto possibilità di difendersi efficacemente. Per questo l’accusa ipotizza l’aggravante della minorata difesa. Durante l’interrogatorio negli uffici della Squadra Mobile, la Dal Col ha ribadito la versione dell’incidente domestico, ma gli inquirenti coordinati dal vice questore Giuseppe Lodeserto considerano quella ferita un possibile tassello decisivo per legare l’ex badante all’arma che ha tolto la vita alla pensionata.









