Aprilia, il Comune fa un buco nell’acqua sul servizio idrico: il Consiglio di Stato conferma le tariffe transitorie

Nella battaglia per l’acqua pubblica, il comune di Aprilia riceve un altro duro colpo in tribunale. Il Consiglio di Stato infatti, come il Tar Lombardo, ha dato ragione ad Acqualatina e all’autorità sull’energia elettrica e il gas, confermando la validità delle tariffe applicate dal gestore del servizio idrico a partire dal 2012. La sentenza era stata emessa il 29 settembre scorso, ma le motivazioni sono state pubblicate per intero solo ieri. La sesta sezione del Consiglio di Stato di Roma, presieduta da Luciano Barra Caracciolo e composta da Andrea Pannone, Maurizio Meschino, Roberto Giovagnoli e Bernhard Lageder, ha in parte rigettato e in parte ritenuto inammissibili le richieste avanzate dal Comune di Aprilia, difeso dagli avvocato Carlo Bassoli e Luciano Falcone, chiamato ora anche alla compensazione integrale delle spese e le ragioni della decisione presa dall’organo collegiale sono contenute nella sentenza pubblicata ieri, che conferma di fatto la piena validità delle tariffe determinate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas che aveva determinato le tariffe idriche per gli anni 2012 e 2013 introducendo il cosiddetto «metodo tariffario transitorio». Se per l’amministrazione apriliana il metodo di calcolo era da considerarsi illegittimo poiché reintroduceva di fatto il principio della remunerazione del capitale investito, senza tenere conto dell’esito del referendum del 2011, diverso il parere del Consiglio di Stato, che ritenendo infondato il ricorso dell’ente ha riconosciuto invece come legittima la decisione presa dal Tar Lombardo di riconoscere piena validità al metodo tariffario utilizzato da Acqualatina. “Il Tar- si legge nella sentenza- rilevava che anche dopo il referendum abrogativo, il Servizio Idrico Integrato doveva essere qualificato come un servizio a interesse economico, caratterizzato quanto ai profili tariffari dalla necessità della copertura integrale dei costi, ivi compresi gli oneri finanziari o costi di capitale proprio investito, essenziale all’economicità della gestione”. Il tribunale amministrativo inoltre, nel ritenere inammissibile il ricorso del comune, bacchetta gli avvocati dell’ente, sottolineando carenze nel motivare l’impugnazione della sentenza e l’assenza di una parte dedicata appositamente alla formulazione degli stessi. L’atto presentato dagli avvocato Bassoli e Falcone, secondo il Consiglio di Stato, mancherebbe di chiarezza sia nei contenuti che nella forma, non specificando le ragioni dell’impugnazione e non prevedendo una parte dedicata espressamente alle carenze riscontrate dall’ente nella sentenza del Tar. Una sconfitta su tutti i fronti per l’esecutivo, che oltre ad aver perso un’altra battaglia contro il gestore dovrà anche sostenere le spese processuali. Un duro colpo per le civiche, che contavano nella battaglia per la ripubblicizzazione del servizio contavano di vincere per le vie legali. Il tribunale amministrativo invece per due volte ha dato manforte alle ragioni del gestore, imponendo il concetto di economicità del servizio sul principio della remunerazione del capitale investito, abrogato dal referendum del 2011.