Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Mara Mattioli, ha disposto il rinvio a giudizio per gli imputati coinvolti nella seconda parte dell’indagine denominata “Certificato pazzo”. Alcuni di loro erano già stati giudicati nei precedenti filoni processuali, conclusi anche in Appello, per reati legati a episodi di corruzione.
Non tutti i coinvolti affronteranno però il dibattimento: una delle imputate, Pasqualina P., ha scelto di essere giudicata con rito abbreviato, ricevendo una condanna a due anni e otto mesi di reclusione. Per un’altra indagata il giudice ha invece dichiarato il non luogo a procedere.
Le indagini hanno fatto emergere episodi di falso anche fuori provincia, in particolare a Isola del Liri, nel Frusinate. Qui, secondo gli inquirenti, un funzionario della Asl sarebbe stato tratto in inganno e avrebbe rilasciato una certificazione medica irregolare per il rinnovo del porto d’armi a fini venatori. Il documento si basava su un falso certificato firmato dal medico Antonio Quadrino, il cui procedimento ha seguito un percorso separato. Alcune sentenze emesse in precedenza avevano portato condanne fino a quattro anni di carcere, mentre altri imputati erano stati assolti.
Una delle frasi intercettate durante le indagini, “Ti faccio un bel certificato”, è diventata simbolo dell’inchiesta. Gli imputati provengono da diversi comuni della provincia di Latina, tra cui Priverno, Monte San Biagio e Fondi. L’apertura del processo è fissata per il 4 novembre.
Il fascicolo è stato coordinato all’epoca dal procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e dal pubblico ministero Giuseppe Miliano. Le indagini, condotte dai Carabinieri del Nas di Latina, avevano portato alla luce un sistema di certificazioni false utilizzate per ottenere vantaggi giudiziari, pensioni d’invalidità o benefici destinati ai portatori di handicap. Secondo gli investigatori, una persona era riuscita addirittura ad evitare il carcere usufruendo degli arresti domiciliari e di un assegno d’invalidità.
In totale, i soggetti indagati erano inizialmente 126, ma nel tempo molte posizioni sono state archiviate. Nel capo d’imputazione, gli inquirenti hanno sottolineato come le condotte contestate violassero i principi fondamentali di imparzialità della pubblica amministrazione, consistendo nel rilascio di false certificazioni psichiatriche. I due filoni d’indagine sono poi confluiti in un unico processo penale, con l’Inps riconosciuto come parte offesa. Tra le accuse formulate figura anche quella di frode processuale.
Al centro della vicenda resta la figura del medico Antonio Quadrino: grazie a telecamere installate nel suo studio, i Carabinieri riuscirono a documentare una fitta attività illecita legata alla produzione di certificati falsi, raccogliendo prove decisive per la ricostruzione dei fatti.









