Economia, Ivan Simeone: La sfida della “Formazione Professionale”

La sfida della “Formazione Professionale”. Quale Vision?
Quali opportunità di auto-imprenditorialità?

di Ivan Simeone
Direttore CLAAI Assimprese Lazio Sud
direzione@claai-assimprese.it

Parlare oggi di futuro professionale dei nostri ragazzi è cosa ardua.
Si susseguono le statistiche ed i numerosi momenti di confronto ufficiale, dove tutti evidenziano una difficoltà a trovare e selezionare ragazzi con una reale professionalità, oggi essenziale per un corretto inserimento in azienda.
Tutto sta mutando molto velocemente ed anche il mondo della nostra “formazione professionale” deve necessariamente adeguarsi.
Oggi si guarda al mondo della digitalizzazione che si va ad intersecare nel mondo delle attività, sia esse artigiane come quelle professionali; le nostre realtà formative sono pronte a raccogliere la sfida?
Oggi, nel 2023, certamente non si può formare un acconciatore, un ristoratore o un meccanico con gli stessi principi didattici di dieci anni fa. La formazione odierna richiede una Vision innovativa e all’avanguardia, che deve essere alla base dei nuovi processi didattici. Un “Saper Fare” adeguato alla richiesta delle nostre imprese e attività.
Non parliamo dei Centri Universitari ma di quelli professionali che formano quelle figure, oggi necessarie ed essenziali per portare avanti le attività della piccola impresa, come quelle occupazioni legate al mondo dei servizi.

Sul territorio regionale abbiamo delle eccellenze che sono riuscite a dare vita ad una forte sinergia tra mondo della formazione con le aziende che, direttamente, intervengono nella formazione didattica dei ragazzi. Un modello didattico finalizzato al far incontrare i progetti professionali di chi studia, con i bisogni espressi dalle aziende.
Sono, purtroppo, delle rare eccezioni di qualità.

La CGIA di Mestre, analizzando i dati di Unioncamere, ANPAL ed Excelsior, ha evidenziato come nei prossimi cinque anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età e se andiamo a vedere le richieste, ci accorgiamo che molte figure non vengono accolte in azienda poiché non sufficientemente preparate.
Nei prossimi anni circa 1,4 milioni di lavoratori dipendenti di aziende private andrà in pensione e si prevede una difficoltà di colmare questa mancanza.
I fabbisogni occupazionali dei prossimi cinque anni, vedranno nelle prime posizioni, la richiesta di operatori del legno, operatori del settore agroalimentare, moda e meccatronica; a seguire le altre figure.

Solo nella nostra realtà regionale del Lazio, nel periodo analizzato 2023-2027, vi sarà una esigenza di 379.300 addetti.
Sempre secondo le ultime analisi, questa mancanza nel reperire personale adeguato, è principalmente dovuto da un disallineamento tra la richiesta delle imprese e la formazione dei ragazzi al momento dell’uscita dai cicli formativi professionali, nonché da una mancanza di incrocio tra domanda ed offerta.
E’ un sistema che deve essere riformato nel suo insieme, ma già molto si potrebbe fare intervenendo sui singoli Enti e realtà locali.
Non possiamo ritenerci soddisfatti solamente nel fare questo o quel corso, ma dobbiamo valutarne i risultati reali.
Un primo segnale dovrebbe arrivare dalle realtà locali, anche creando una rete operativa tra gli Enti di formazione maggiormente operativi e professionalmente strutturati. Abbiamo bisogno di reti professionali.

Le tecnologie e le competenze digitali stanno segnando il passo. Tutto è accelerato dall’emergenza sanitaria da COVID in poi e le realtà formative, Agenzie ed Enti devono necessariamente garantire maggiori chance occupazionali, anche con forme di autoimprenditorialità dove possibile, dando vita a percorsi formativi adeguati alle richieste del mondo produttivo reale.

Al fianco dei tanti (forse troppi) corsi “generalisti”, bisogna puntare maggiormente ad una formazione mirata e finalizzata ad un diretto inserimento aziendale, oltre lo stage. Bisogna ripensare i modelli formativi orientandoli verso una risposta delle sfide di un futuro che è già presente, senza trascurare le opportunità che ci giungono dal “fare impresa”, dal desiderio di creare nuove imprese ed incentivare e sostenere forme di autoimprenditorialità.
Bisogna rafforzare lo sviluppo concreto di soft skills.

La politica, anche quella regionale, ha oggi delle grandi responsabilità. Sta a loro orientare i processi e dare risposte reali. Se la politica non risponderà, inevitabilmente ci dovranno pensare “i privati” in autonomia, surclassandola…e non so quanto questo possa essere un bene.