C’è stato un tempo, c’era una volta… in cui a Latina bastava poco per sentirsi felici. Bastava un pomeriggio al parco. E se eri della zona di via Roccagorga, quel posto aveva un nome: Evergreen. Un nome che suonava quasi straniero, quasi ambizioso, ma che parlava semplice. Per tutti, era semplicemente “il parchetto davanti al Majorana”, o “dietro la Giuliano”. Un luogo che sembrava eterno, come suggeriva il suo nome. Sempreverde. Sempre vivo.

Era l’angolo della città dove i bambini correvano tra le altalene e le madri chiacchieravano sedute sulle sedie. Dove la domenica sera ti capitava di vedere qualcuno ballare il liscio in coppia, con le note di una fisarmonica gracchiante. E poi la brace che sfrigolava, le luci fioche sotto i gazebi di plastica, le tute blu degli alunni della Giuseppe Giuliano che facevano gruppo dopo la scuola. Era un piccolo mondo, un frammento di comunità. Una pagina bella, scritta con semplicità.
Oggi, di tutto questo resta solo il ricordo. Sbiadito, incerto, come una fotografia dimenticata in fondo a un cassetto. Chi ha meno di vent’anni, forse, nemmeno sa cosa fosse davvero quell’Evergreen. Perché quel parco, oggi, è diventato altro. Un luogo che esiste, sì, ma che nessuno più vive. Un luogo che si attraversa, ma non si abita. Che si guarda da lontano, ma che non richiama più nessuno.
L’erba è incolta, i giochi pochi, il punto ristoro è chiuso e polveroso. Le serre, fredde e spoglie, sembrano grandi scatole vuote, senza più un’anima. L’ingresso è nascosto, quasi timido. Come se il parco stesso si vergognasse di ciò che è diventato.
Eppure, c’è un progetto. Un nuovo piano di gestione, che parla di serre, vivaio, sostenibilità e laboratori. Un investimento iniziale di 55mila euro, più altri 22.500 tra personale e materiali vivaistici. I ricavi, secondo i documenti, potranno arrivare a 246mila euro annui, contro costi di circa 238mila, per un utile stimato – sulla carta – di 5mila euro. Il documento parla di equilibrio economico, ma ammette che molto dipenderà da chi subentrerà nella gestione. Dai progetti. Dalla visione. Dalla capacità di restituire dignità a un luogo ormai dimenticato.
Ma anche il progetto più virtuoso dovrà fare i conti con ciò che quel parco è stato. E con ciò che ha perso. Oggi, Evergreen non è più un parco. È un’ombra di se stesso. Un ricordo che sopravvive nei racconti di chi ci è cresciuto, nei video sgranati dei telefonini di dieci anni fa, nelle risate che sembrano ancora riecheggiare tra gli alberi, se si fa abbastanza silenzio.
Qualcosa, però, si è mosso. Il parco ha riaperto, sì. Ma è un ritorno a metà, monco, quasi timido. Mancano ancora molti servizi, come se il cuore di quell’Evergreen faticasse a ricominciare a battere. I volontari che oggi cercano di rianimarlo non hanno ricevuto le chiavi dei cancelli pedonali: per entrare, bisogna passare dall’ingresso carrabile di via Roccagorga. E già questo basta a far capire che non è più un parco per bambini, ma un luogo che si lascia visitare in punta di piedi.
Sostenibilità economica, ambientale e sociale. Sono questi gli obiettivi fissati per la gestione del nuovo parco di via Roccagorga, l’ex Evergreen, per cui l’amministrazione comunale di Latina ha pubblicato un avviso pubblico di consultazione di mercato per avviare la procedura di gara e arrivare ad affidare l’area in gestione. L’area di via Roccagorga, lo ricordiamo, è stata trasformata in un parco produttivo urbano attraverso un finanziamento ottenuto dal Comune nell’ambito del progetto Upper. I lavori sono ormai da tempo conclusi ed è sempre più urgente procedere a un affidamento per ridare vita a questo spazio considerato prezioso per il quartiere. Il parco, nelle intenzioni progettuali, dovrebbe ospitare serre per la coltivazione di piante autoctone, laboratori botanici, percorsi di inclusione sociale e un’area ludica aperta a famiglie e bambini: un centro multifunzionale capace di unire natura, educazione e socialità.

La gestione è stata affidata in forma provvisoria a un gruppo di volontari che hanno firmato un patto di collaborazione: la buona volontà però, non basta. Il parco è dunque aperto solo in parte, senza illuminazione pubblica, e con accesso consentito solo dal cancello carrabile. Un utilizzo ben lontano dal potenziale previsto. Non c’è illuminazione pubblica. E quindi, niente tramonti tra gli alberi, niente serate d’estate, niente musica che si allunga nella sera. Si chiude con la luce del sole, come a dire: “Goditi ciò che resta, finché puoi vederlo”. Dopo, solo buio.
Latina non lo ricorda più. Ma qualcuno sì. Qualcuno che ci ha corso, che ci ha giocato, che ha imparato a pedalare su quel vialetto dritto. E per chi l’ha vissuto, sarà sempre un piccolo dolore passarci davanti. Perché quel parco, oggi, è morto. E l’Evergreen, che doveva essere sempreverde, oggi è solo sbiadito.