Una ragazza (avvocato di Milano), soccorre un uomo a terra. È in un parco pubblico, il Forlanini di Milano, ma nessuno sembra vederlo. La giovane si china per accertarsi che sia vivo e cerca di chiamare un’autoambulanza. Le persone presenti però non sono d’accordo, la insultano, insultano l’uomo a terra perché è un ecuadoriano e sarebbe ubriaco.
Ingiurie sessiste ad una ragazza che cerca di aiutare un uomo. “Se osi chiamare l’ambulanza ti meniamo maledetta trxxx, bisogna lasciarli morire questi immigrati di mxxxx” e giù altri insulti razzisti verso l’extracomunitario. E’ accaduto domenica.
Ieri, 31 luglio, sul treno Milano centrale – Verona, un passeggero italiano si accanisce contro un ragazzo di colore. Gli chiede il biglietto, senza averne alcun diritto, davanti agli altri lo insulta per il colore della pelle. Il ragazzo, composto, tenta di rispondere. Poi esausto si allontana, lasciando l’aggressore solo con i suoi mostri.
Davanti a tanto odio, tanta ignoranza, tanta mancanza di umanità, due giovani donne non si arrendono. L’avvocato si è opposta, ha affrontato i suoi concittadini, ha raccontato tutto ai carabinieri, poi si è seduta su una panchina a piangere per la rabbia. Una reazione naturale per chi viene aggredito mentre fa qualcosa spinto dalla sua coscienza, per la profonda ingiustizia subita.
Un’altra ragazza, 24 anni, filma l’aggressione razzista (verbale) sul treno, e la posta su Facebook: “Accanto a me nei sedili a fianco un signore di colore mi guardava, sconfortato. Avrei voluto dirgli che non siamo tutti così, ma non mi usciva una parola. Avrei voluto avere più coraggio per scendere e mettermi in mezzo”. La rabbia, l’impotenza, la paura, ma anche la voglia di non restare in silenzio. La sua testimonianza è la resistenza (civile), come lo è il soccorso fornito dall’avvocato di Milano.
Fino a quando la rabbia viaggia sui social abbiamo ancora la possibilità di difenderci. Si possono bloccare le persone particolarmente violente. Si possono nascondere post, si possono segnalare perché siano eliminati, perché violano la legge, i diritti acquisiti, sia ben chiaro.
Quando però la violenza scatta nel parco, su un treno, verso chi soccorre un uomo, verso chi sta soltanto seduto al suo posto e probabilmente il biglietto lo ha pagato come tutti gli altri, in questo caso non ci si può più difendere.
E’ necessario fermarsi, è necessario ricomporsi, è necessario un freno. Un paese alla deriva è pericoloso e la responsabilità è di tutti.