Latina, Consiglio di Stato dà ragione a Barbato anche sul Ppe Prampolini

Il cantiere di via Quarto durante uno degli ultimi sopralluoghi dei tecnici del Comune

Effetto domino sui Piani particolareggiati di Latina: legittimo anche l’annullamento del Ppe del quartiere Prampolini (R3).

Il Consiglio di Stato – IV sezione – ha respinto, con sentenza pubblicata oggi, l’appello della società Costruzioni Generali srl per la riforma della sentenza del Tar che aveva dichiarato improcedibile il ricorso avverso gli atti di sospensione e annullamento dello strumento urbanistico, prodotti all’epoca del commissario Giacomo Barbato.

Un’altra sconfitta per la società dell’imprenditore Massimo Riccardo, titolare del permesso a costruire (formatosi per silenzio assenso nel 2015, oggetto di altre cause) l’edificio residenziale di via Quarto finito sotto sequestro.

Risalgono al mese scorso altri pronunciamenti della stessa sezione del Consiglio di Stato in favore dell’operato del commissario Barbato, relativamente ai Piani particolareggiati di  Latina Scalo, Borgo Piave e R6 (quartiere Isonzo). Oggi R3 (quartiere Prampolini). Manca la conclusione definitiva relativa agli annullamenti dei piani R1 (quartiere Frezzotti) e Borgo Podgora (sei in tutto i Ppe prima sospesi e poi annullati da Barbato), ma l’orientamento della giurisprudenza appare ormai consolidato.

La IV sezione del Consiglio di Stato, con sentenza relativa al quartiere Prampolini, ha condannato la società appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Latina: 10.000 euro oltre gli accessori, se dovuti per legge.

Il Ppe R3, come gli altri poi annullati da Barbato, fu approvato con delibera di giunta dall’amministrazione del sindaco Giovanni Di Giorgi. Una procedura ritenuta illegittima a fronte della non conformità al Piano regolatore vigente, che presupponeva il passaggio in Consiglio comunale per la relativa Variante. La sentenza entra nel merito della illegittimità urbanistica vedutasi a creare nel quartiere Prampolini con l’approvazione del Ppe: “…l’esclusione dal conteggio delle volumetrie relative agli spazi comuni – si legge – ha comportato la diminuzione del 10% delle volumetrie rispetto a quelle rilevate dal Prg (riduzione diversa da quella consentita delle volumetrie edificabili – cfr. art. 1 bis, comma 2, lett. b, legge regionale n. 36/1987) a cui si è aggiunta la modifica del perimetro esterno della superficie comprensoriale e la illegittima applicazione della perequazione, che, considerata anche l’assenza di una specifica disciplina normativa dettata in sede regionale, non poteva essere applicata, come sopra detto, sulla base del regolamento approvato dal Consiglio Comunale di Latina il 29 maggio 2001…”. Dunque, per il Consiglio di Stato quel Ppe, come per gli altri del resto, non poteva essere “sanato” semplicemente riportandolo in Consiglio comunale.

La sentenza di oggi dovrebbe sbloccare un altro giudizio sospeso, nelle scorse settimane, dal Consiglio di Stato in sede di revocazione. Riguarda il secondo permesso a costruire richiesto, sempre per via Quarto, dopo l’annullamento del primo a seguito del “difetto” della famosa particella 133 posta a compensazione perequativa quando era invece risultata già di proprietà del Comune. La società Costruzioni Generali si era convinta, non avendo ricevuto risposta all’istanza, che fosse valido il silenzio assenso. Il Tar le aveva dato ragione, poi però il Consiglio di Stato aveva riformato la sentenza dandole torto. E a questo punto il tentativo della revocazione, sospesa i 24 ottobre scorso in attesa della definizione della vicenda del Ppe arrivata oggi, con la pronuncia definitiva sfavorevole al costruttore.