Primo Maggio con il coronavirus, ancora in casa con la preoccupazione per il futuro

Mentre si cerca di capire se si possa o meno andare al mare, fare il bagno, se una famiglia con tutti componenti conviventi possa viaggiare in auto insieme anche in 4 o 5 persone, per non violare le disposizioni dopo il 4 maggio, un’altra giornata si trascorre in casa.

E’ il primo maggio, la Festa dei lavoratori. Lo scorso anno in tantissimi erano in spiaggia, gli altri nei giardini, nei prati tutti insieme per trascorrere qualche ora con le persone più care. I ragazzi anche di Latina prendevano il treno per raggiungere Roma e il concerto in piazza San Giovanni in Laterano. Oggi si sta ancora a casa e non potrebbe essere altrimenti. I numeri in questa battaglia al coronavirus, soprattutto al nord, non sono incoraggianti e non lo sono neanche le notizie provenienti dalla Cina dove i contagi sono ripresi. Così questa Festa del Primo maggio assume un significato diverso.

Chi lavora in questo momento di emergenza coronavirus lo fa rischiando la propria vita, per un grande senso di responsabilità: sono i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari che assistono i malati da Covid-19. Senza dimenticare chi ogni giorno provvede a far arrivare cibo sulle tavole di tutti gli italiani, in particolare quelli che sono a contatto con tantissime persone e cercano in tutti i modi anche di essere sorridenti e gentili. Sono i dipendenti dei supermercati, gli addetti alla sicurezza. E poi ovviamente le forze dell’ordine, in strada, per far rispettare le regole ed evitare il diffondersi dei contagi.

Comunque “fortunati”, perché possono lavorare. In tanti invece sono fermi e non sanno se dopo questo tsunami potranno ripartire. Riaprire – diverse categorie non hanno ancora capito quando – riuscendo a coprire i costi. Altri sanno già che il lavoro lo perderanno e che gli aiuti di questi mesi non basteranno – ritardi o meno – visto che la situazione non era rosea neanche prima.

E allora questo Primo maggio di preoccupazione per il futuro deve anche essere un punto di ripartenza, per ripensare il lavoro. La crisi, che si è aggiunta a tante altre del nostro Paese, ha scoperchiato tutta una serie di situazioni di lavoro nero e precario che mai come ora è davanti ai nostri occhi. Bisogna ripartire trovando soluzioni in questo senso e, come da sempre dicono i sindacati, dalla sicurezza.

La libertà la ritroveremo, con pazienza e grande responsabilità davanti a questo subdolo virus, poi come ripartiremo farà la differenza per il Paese.