Comune di Latina, la mozione che richiama il segretario generale ai compiti d’ufficio

Il segretario generale del Comune Rosa Iovinella e il sindaco Damiano Coletta

Il parere di conformità degli atti amministrativi non è soltanto un obbligo morale per l’impegno assunto nei confronti dei cittadini ma è anche una garanzia per la trasparenza dell’azione amministrativa e per la legittimità della medesima.

Pesa come un sasso la citazione contenuta nella mozione depositata il 28 agosto scorso, dai consiglieri comunali Nicola Calandrini, Andrea Marchiella e Matilde Celentano, e calendarizzata oggi per la prossima assise civica che impegna il sindaco di Latina, Damiano Coletta, a richiedere al segretario generale dell’ente “di esprimere il proprio parere in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, agli statuti ed ai regolamenti, in relazione ad ogni proposta di deliberazione sottoposta all’approvazione della Giunta Municipale e del Consiglio Comunale”. 

Pesa perché la citazione che può sembrare un’ovvietà non trova riscontro nelle deliberazioni di questa amministrazione. Pesa perché il richiamo all’espressione del parere di conformità anche per atti importanti, quali quelli per la costituzione dell’azienda speciale dei rifiuti, è caduto nel vuoto. Pesa perché l’essenza della mozione è stata già scartata dalla maggioranza di Latina Bene Comune e tornerà presto in aula con una forza dirompente, visti i richiami alla legalità, principio fondante del nostro ordinamento, contenuti nell’atto sottoscritto dai consiglieri di opposizione. Pesa perché gli atti relativi alla mozione – avvertono gli esponenti di minoranza dei gruppi Fratelli d’Italia e Lista Calandrini – saranno trasmessi alla Corte dei conti e al Ministero dell’Interno (Agenzia dei segretari).

I due gruppi consiliari sottolineano nella mozione che il Testo unico degli enti locali individua nel segretario generale la figura istituzionale preposta a certificare la regolarità degli atti e la loro conformità a legge, statuto e regolamenti e che il Ministero dell’Interno e la Corte dei Conti considerano il parere di conformità obbligatorio negli atti deliberativi assunti dagli organi dell’ente. Per i sottoscrittori della mozione il sottrarsi all’onere del parere di conformità non è giustificabile nella scappatoia individuata in un chiarimento fornito in materia dal Ministero dell’Interno laddove si precisa che l’obbligatorietà della certificazione viene mantenuta qualora l’ente, in sede di autodeterminazione normativa, ovvero il sindaco, nell’esercizio del potere di direzione, lo richiedano espressamente. Perché è proprio questo il punto: che sia mantenuta questa obbligatorietà a garanzia della buona amministrazione. Dunque, il senso della mozione che impegna il sindaco, con proprio decreto, a richiedere al segretario generale l’onere di attenersi ai compiti di ufficio per il “sacrosanto diritto dei cittadini di sapere che gli atti che promanano dagli organi di governo  abbiano i crismi, tutti i crismi, della regolarità sostanziale e formale; della conformità a legge, statuto e regolamenti” e per la “serenità deliberante nel merito amministrativo che, rimanda a chi deputato, la verifica asettica, pura e tecnica”.

In un passaggio del testo della nuova mozione si legge: nel programma elettorale di LBC, scritto nero su bianco, è stato affermato, pochi mesi orsono, che ” … Riteniamo urgente ripristinare il rispetto delle procedure, con l’amministrazione finalmente al servizio del cittadino, applicando pienamente le leggi, a partire da quelle su trasparenza e corruzione…”. Una bordata alla maggioranza che ha respinto la precedente mozione “in un Consiglio deserto del pungolo democratico, vivo della sola pura maggioranza bolscevica dei numeri”, che “fregiandosi sempre di legalità” ha tradito e violato il mandato popolare ricevuto.

Il quanto alla trasmissione degli atti alla Corte dei Conti e all’Agenzia dei segretari costituirebbe una segnalazione della presenta mancata assunzione dei responsabilità che attiene al compito d’ufficio del segretario generale.