“Certificato pazzo”, la vita facile del “furbetto” coperto dall’indifferenza

Le armi sequestrate dal Nas durante l'operazione Certificato pazzo

“Certificato pazzo” è il nome di un’operazione che descrive, purtroppo, non solo il comportamento di un medico che avrebbe pensato bene di guadagnare molto di più abusando della sua professione. Descrive anche una parte della società che, davanti ad atteggiamenti del genere (che evidentemente erano noti a tanti), chiude un occhio e anche due. Che non denuncia, ma  soprattutto che non considera quel modo di fare come sbagliato, socialmente inopportuno e dannoso.

Non è così in alcuni paesi del Nord Europa, come ha ricordato in conferenza stampa il procuratore aggiunto Carlo Lasperanza. Lì operazioni del genere non ce ne sono, chi commette questi reati viene denunciato subito e anche isolato dalla comunità per qualcosa che – lì lo capiscono molto bene – danneggia tutti.

In Italia, ancora per troppe persone, invece, è considerato un “furbo”. Se riesce ad arricchirsi così “fa bene” e, del resto, “fa comodo a tutti”. Troppo spesso è ancora questo il ragionamento che dobbiamo sradicare, per ottenere prima di tutto un risparmio per la comunità.

Non è solo una considerazione etica o morale. Riguarda le risorse pubbliche che vengono sperperate per arricchire chi non ne ha bisogno a discapito di chi davvero vive un’invalidità, una disabilità, con tutti i problemi che già incontra in questo paese. Il danno all’Inps è stato elevato, se davvero come ipotizzano le forze dell’ordine, quello che è emerso in un mese di indagini è quanto sarebbe accaduto anche negli anni precedenti.

Non sarà possibile accertarlo fino in fondo, e per questo è bene aprirli gli occhi e, in certi casi, denunciare.